LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE 
 
    Ha emesso la seguente sentenza sull'appello n. 933/07, spedito il
23 marzo 2007, avverso  la  sentenza  n.  218/02/2006,  emessa  dalla
Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, contro: Agenzia dogane
Ufficio delle dogane di Livorno;  proposto  dal  ricorrente:  CI-ERRE
S.r.l. via Portuense, 1555 - Ponte Galeria  00100  Roma;  difeso  da:
Camilli Avv. Massimo, via Manin, 34 -  Mestre  30174  Venezia;  altre
parti coinvolte: Presidente del Consiglio dei  Ministri  c/o  Palazzo
Chigi, Palazzo Chigi  -  00187  Roma;  Presidente  del  Senato  della
Repubblica  c/o  Palazzo  Madama,  Palazzo  Madama  -   00186   Roma;
Presidente  della  Camera  dei  Deputati  c/o  Palazzo  Montecitorio,
Palazzo Montecitorio - 00186 Roma. 
    Atti impugnati: rettifica o revisione accertamento n. IM/4 4453/Y
IVA importazione. 
    Ordinanza con ricorso depositato il 23 novembre  2004  la  S.r.l.
CI-ERRE impugnava l'avviso di accertamento della Dogana  di  Livorno,
relativo ad un'importazione dalla Tunisia di capi  di  abbigliamento,
che le era stato notificato in  quanto  il  certificato  EUR  1,  che
accompagnava   la   merce,    era    privo    della    sottoscrizione
dell'esportatore attestante l'origine dei prodotti. 
    La  Commissione  Provinciale  di  Livorno  rigettava  il  ricorso
poiche'  riteneva   la   sottoscrizione   dell'esportatore   elemento
essenziale e, non essendo giunto nessun chiarimento  dalle  autorita'
doganali tunisine, l'apposizione di un timbro senza la sottoscrizione
non poteva ritenersi equivalente alla sottoscrizione. 
    La  societa'  ricorreva  in  appello,   ma   l'ufficio   eccepiva
l'inammissibilita' del gravame per il mancato  deposito  della  copia
dell'atto di appello presso la Commissione Tributaria Provinciale, ai
sensi dell'art. 53, comma  2,  decreto  legislativo  n.  546/92,  non
essendo  stata  effettuata  la  notifica  dell'appello  a  mezzo   di
ufficiale giudiziario. 
    Orbene  proprio  rispetto  a  tale  norma  si  pongono  dubbi  di
costituzionalita' che richiedono di essere sottoposti al vaglio della
Consulta. 
    La rilevanza della  norma  nel  giudizio  in  corso  e'  evidente
poiche', laddove la stessa non venisse  dichiarata  incostituzionale,
determinerebbe l'inammissibilita' del ricorso  con  l'impossibilita',
pertanto, di esaminare i motivi dell'appello. 
    Quanto alla sua non  manifesta  infondatezza  si  osserva  quanto
segue. 
    La questione era stata gia' sollevata alla  Corte  costituzionale
dalla Comissione Tributaria Regionale della Sicilia sezione  staccata
di Caltanisetta in relazione agli artt. 2, 3 e 24 Cost. ed era  stata
decisa con ordinanza n. 199/2008 che aveva disposto  la  restituzione
degli atti al giudice a  quo  che  nel  frattempo  non  era  piu'  in
possesso della giurisdizione sulla materia in discussione per effetto
della sentenza n. 130/2008 della Corte costituzionale. 
    Sono, pertanto, rimaste impregiudicate tutte le questioni che  la
Commissione Regionale aveva posto e che  questo  giudice  ritiene  di
riproporre integralmente. 
    Il contrasto con il diritto di difesa in giudizio di cui all'art.
24 Cost. si configura dal momento  che  l'esigenza  di  informare  il
giudice di primo grado dell'intervenuto appello (al fine  di  evitare
che possa essere dichiarato erroneamente il  passaggio  in  giudicato
della sentenza) e' soddisfatta dall'esistenza dell'obbligo  a  carico
della segreteria del giudice di appello di richiedere la trasmissione
del fascicolo processuale con la copia autentica  della  sentenza  di
primo grado. 
    Appare, inoltre, eccessivo  e  pertanto  irragionevole  l'effetto
preclusivo  dell'impugnazione  fissato  con  l'inammissibilita'   per
un'attivita' che appare estranea al giudizio ai appello. 
    Inoltre, laddove la notifica avvenga a mezzo posta,  si  sanziona
con l'inammissibilita' un'attivita' che deve essere posta  in  essere
dall'agente postale e,  pertanto,  viene  punita  un'inadempienza  da
parte di un soggetto diverso dall'appellante. 
    Infine  si  riscontra  una   disparita'   di   trattamento,   con
conseguente contrasto con l'art. 3 Cost., per il fatto che  l'analogo
obbligo posto a carico dell'ufficiale giudiziario dall'art. 123 disp.
Att. C.p.c. non e' sanzionato in alcun modo. 
    Altrettanto irragionevole, e quindi  contrario  ai  canoni  degli
artt. 3 e 24 Cost., e' la mancanza di un termine perentorio entro cui
effettuare un'attivita' dalla  cui  mancanza  scaturisce  un  effetto
paralizzante come l'inammissibilita'. 
    Ne', per scongiurare una pronuncia di  incostituzionalita',  puo'
accogliersi quanto affermato dall'Avvocatura erariale nel  corso  del
giudizio conclusosi con l'ordinanza n.  199/2008  circa  una  lettura
costituzionalmente orientata che dovrebbe far leggere la sanzione per
il mancato deposito  come  improcedibilita'  e  non  inammissibilita'
consentendo peraltro il deposito fino all'esito del giudizio di primo
grado in mancanza di un termine espresso. 
    Appare operazione ermeneutica ardita ritenere che il legislatore,
nel momento in cui innovava una disciplina vigente,  abbia  usato  in
modo atecnico il termine  inammissibilita'  che  ha  un  suo  preciso
significato giuridico; inoltre resterebbe inspiegabile il bisogno  di
introdurre un motivo di improcedibilita' sanabile fino  all'emissione
della sentenza di appello quando lo scopo  per  cui  tale  previsione
sarebbe posta (rendere edotto il giudice di primo grado  del  mancato
passaggio  in  giudicato  della  sua  sentenza)  sarebbe  gia'  stato
raggiunto nel momento in cui la segreteria  del  giudice  di  appello
aveva richiesto gli atti. 
    In conclusione, pur essendo chiara  la  ratio  della  intervenuta
modifica del  secondo  comma  dell'art.  53  decreto  legislativo  n.
546/92, non  puo'  prescindersi  da  un  giudizio  di  non  manifesta
infondatezza dell'eccezione di costituzionalita' sollevata. 
    Il rischio di un apparente passaggio in giudicato della  sentenza
appellata e' scongiurato da  quanto  previsto  dal  terzo  comma  del
medesimo art. 53 ove prevede che il  giudice  investito  dell'appello
chieda subito dopo  il  deposito  dell'appello  la  trasmissione  del
fascicolo del giudizio di primo grado. 
    L'avverbio usato non lascia dubbi circa il fatto che non si debba
far  trascorrere  alcun  intervallo  temporale  apprezzabile  tra  il
deposito e la richiesta ed in ogni caso ben puo'  lasciarsi  in  vita
l'obbligo   esistente   eliminando,   pero',   una   sanzione   cosi'
sproporzionata.